CAMPAGNA CONTRO GREEN HILL


Green Hill, l’allevamento di cani destinati alla vivisezione di proprietà della multinazionale americana Marshall, è da anni il simbolo italiano della vivisezione. All’interno dei cinque sinistri capannoni sulle colline di Montichiari sono infatti detenuti migliaia di cani di razza beagle, prediletta dai vivisettori perché particolarmente docile, resistente e dotata di un apparato circolatorio con vasi leggermente più grandi della media e quindi particolarmente adatti alla sperimentazione. Anche chi di vivisezione sa poco o nulla resta, scandalizzato nell’apprendere che anche il migliore amico dell’uomo viene appositamente allevato per finire nei laboratori di mezza Europa ed essere sacrificato “in nome della scienza”. Ecco perché Green Hill smuove le coscienze e porta in piazza anche chi normalmente non parteciperebbe ad una manifestazione.

Le proteste degli ultimi anni hanno sempre puntato il dito, oltre all’evidente questione etica, contro il numero di cani rinchiusi nei capannoni e contro la regione Lombardia, colpevole di avallare l’esistenza di una simile fabbrica di morte. Tuttavia, nonostante l’aberrante realtà che rappresenta, Green Hill ha sempre avuto il diritto legale di esercitare la sua attività perché autorizzata e regolamentata dalla legge 116/1992 sulla vivisezione, una legge nazionale che non può essere sovrastata da alcuna legge regionale e che dà facoltà alla struttura di detenere un numero di cani maggiore rispetto a qualsiasi canile o allevamento per cani destinati alla vendita a privati. Questo è il motivo principale per cui le vigorose proteste organizzate fino a qualche mese fa non hanno mai colpito al cuore il problema Green Hill.

L’OIPA ha sempre appoggiato ogni manifestazione o protesta contro Green Hill, ma ha anche scelto una linea strategica che permettesse di contrastarne l’attività su base legale. Ecco perché il 30 settembre scorso, dopo aver ricevuto segnalazioni di irregolarità all’interno della struttura, le guardie zoofile OIPA, con decreto di perquisizione ottenuto dalla Procura della Repubblica di Brescia, sono entrate nell’allevamento al fine di compiere approfonditi accertamenti sullo stato di detenzione dei 2500 cani, sulla documentazione, registri e verbali che riportano i movimenti di vendita dei cani. Sono state riscontrate e segnalate al magistrato titolare dell’indagine, la Dott.ssa Lara Ghirardi, diverse violazioni penali e violazioni al Decreto Legislativo n.116/92 e alla Circolare del Ministero della Sanità n.8 del 22 aprile 1994, nello specifico:

- box di circa 5 metri quadrati all’interno dei quali vengono detenuti fino a 5 cani
- assenza del registro di carico e scarico degli animali presenti nell’allevamento

- assenza di aggiornamento della banca dati dell’anagrafe canina regionale, per un totale di circa 400 cani non registrati

- non è correttamente registrato il numero degli animali venduti o forniti e il numero degli animali morti nello stabilimento stesso in quanto il codice aziendale interno non può sostituire l’identificazione a mezzo tatuaggio o microchip previsto dalla normativa regionale vigente (ex art.11 com. 1 del Dlgs 116/92)

- le liste degli animali venduti sono vidimate dall’Azienda Sanitaria Locale anziché dall’Autorità Comunale in violazione dell’art.11 com. 2 del Dlgs 116/92 e della Circolare n.8/94 del Ministero della Sanità e non contengono i dati relativi all’identità e all’origine di tutti i cani presenti nello stabilimento.

- nel 2011 Green Hill ha ceduto a terzi 2143 cani, dei quali solo 831 (39%) risultano correttamente identificati ai sensi della vigente normativa regionale, mentre i restanti 1312 cani (61%) risultano invece annotati con il solo codice aziendale interno, ovvero non identificati ai sensi di legge. Altrettanto vale per i 137 cani deceduti nel periodo di riferimento fino al 30 settembre 2011.

Sono inoltre ancora in esame altre situazioni che potrebbero risultare irregolari e configurare il reato di maltrattamento, come:

- la presenza di un solo medico veterinario a garantire il benessere di 2500 cani e l’elevato inquinamento acustico causato dall’incessante abbaiare di centinaia di animali rinchiusi all’interno dei singoli capannoni, così intenso da obbligare il personale ad utilizzare le cuffie insonorizzate.

- il ritrovamento di 35 cani deceduti e sprovvisti sia del relativo certificato di morte sia di un certificato veterinario che ne attestasse la causa.

Oltre agli aspetti che sono regolamentati dalla legge, è da considerarsi anche l’aspetto psicologico ed emotivo che non può essere misurato o sanzionato, ma che determina l’enorme disagio di questi animali. I cani allevati in attesa di essere venduti vivono in condizioni incompatibili con la natura di animali sociali ed esplorativi che li contraddistingue. Sono infatti rinchiusi in box asettici, privi di qualsiasi interazione sociale ed emotiva, esposti costantemente alla luce artificiale, oltre che costretti a sopportare l’incredibile frastuono dovuto agli abbai e ai latrati dei migliaia di cani compagni di prigionia all’interno dei capannoni. Il forte bisogno di contatto, di stimoli, di interazione con il mondo esterno sono emersi in modo fortissimo quando gli animali sono venuti in contatto con le guardie zoofile OIPA, le uniche persone entrate in quei capannoni al di fuori del personale autorizzato. I dipendenti si mostrano infatti indifferenti all’interazione emotiva con i cani, in quanto non sono allevati come esseri senzienti, ma solo come merce da vendere. Mentre i cuccioli trotterellano nei box ignari del loro destino e gli esemplari più adulti cercano di farsi notare per ricevere una carezza, le fattrici hanno lo sguardo vuoto e affranto, come se fossero consapevoli della vita a cui vanno incontro i cuccioli appena dati alla luce: andranno a far parte dei 12 milioni di animali che ogni anno in Europa sono destinati alla vivisezione.

A seguito della perquisizione le guardie zoofile OIPA hanno lavorato incessantemente dietro alle quinte, preferendo al clamore mediatico la concretezza dei risultati delle indagini, per poter controbattere con argomenti validi sul piano legale a quanti avevano dichiarato che all’interno dell’allevamento era tutto in regola. Il risultato è stato la presentazione di un’istanza di chiusura al sindaco di Montichiari Elena Zanola e al Ministero della Salute. E’ infatti competenza del sindaco ritirare la licenza a Green Hill sulla base delle gravi violazioni riscontrate. Il movimento d’opinione contro l’allevamento ha preso nuova forza da questa azione e la grande attenzione mediatica ha permesso di puntare i riflettori su una realtà scomoda come quella della vivisezione.

Sulla base di quanto evidenziato nel verbale di perquisizione delle guardie zoofile e nell’istanza di chiusura, Elena Zanola ha incaricato la Asl competente di compiere ulteriori accertamenti per verificarne l’attendibilità e, in data 28 novembre, ha comunicato che non avrebbe riscontrato violazioni. Dal momento che la Asl, nonostante ripetuti controlli passati, non ha mai reso note irregolarità, stiamo preparando una risposta a tale comunicazione in quanto le violazioni evidenziate nell’istanza di chiusura permangono. Continueremo quindi a portare avanti la collaborazione con la Procura della Repubblica di Brescia per accertarci che ogni tipo di mancanza, sia da parte di Green Hill sia da parte degli organi che dovrebbero controllarne l’attività, venga punita.

Anche dal punto di vista legislativo sono stai fatti alcuni passi in avanti. Il 20 ottobre scorso la Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati ha discusso alcuni dei principi e criteri direttivi per l’attuazione della direttiva europea 2010/63 nel Disegno di Legge comunitario 2011. Uno degli emendamenti inseriti, se supererà anche i prossimi step dell’iter che porta all’approvazione definitiva, prevede il divieto di allevare sul territorio italiano cani, gatti e primati destinati alla vivisezione. In questo caso Green Hill dovrebbe chiudere o riconvertire la sua attività in allevamento per vendita a privati. Tuttavia, considerata anche l’instabilità di governo, questo risultato non si otterrà nell’immediato, di conseguenza l’OIPA porterà avanti tutti gli accertamenti necessari per verificare eventuali reati ed illeciti amministrativi auspicando una rapida chiusura per una realtà che alimenta l’industria della vivisezione.

E’ indubbio che quella contro Green Hill rappresenta solo una battaglia, un tassello, seppur incredibilmente significativo, della guerra contro la vivisezione. Fino a quando infatti non verrà completamente abolita e gli animali di qualsiasi specie non saranno più vittime di esperimenti crudeli oltre che inutili per la salute umana, aziende come Green Hill chiuderanno i battenti in uno Stato per riaprire in un altro con leggi meno rigorose, come ad esempio nell’Est europeo. ll cane, nonostante sia la specie che desta maggior senso di protezione, non è l’unica a finire sui tavoli dei vivisettori. E’ quindi fondamentale ricordare che esistono migliaia di allevamenti di cavie, conigli, roditori, gatti, scimmie quotidianamente spediti verso una vita di torture in nome di una falsa scienza. E’ per tutte queste vite sacrificate che il lavoro di informazione e sensibilizzazione non deve avere sosta. Ogni singola battaglia è importante, ma non bisogna perdere di vista l’obiettivo finale: l’abolizione della vivisezione.

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